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In pellegrinaggio ad Assisi
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Fuori dalle mura della città, arriva il pellegrino. Straniero, solo, umile e sempre in cerca di qualcosa: la fortuna o la propria anima.
Ogni volta che mi avvicino ad Assisi penso: ecco Gerusalemme. Non essendo mai stata a Gerusalemme, non ho idea da dove scaturisca questa percezione. Ma laggiù nel campo, oggi, guidando in uno stradello umbro, fra balle di fieno e olivi minuti, ho subito, subito pensato alla Città Santa.
E' sempre curioso per me, cattolica di nascita ma non di cuore e di intelletto, (e purtroppo nemmeno cristiana, nel momento in cui conosco ancora poco i misteri di Cristo e non azzardo la presunzione di esserne prossima) trovarmi in mezzo a così tanti pellegrini cattolici. Tuttavia, scout brufolosi, croci tau in olivo, boccette di tartufo a parte, Assisi è una parte del mio cuore, fin da quando ero bambina. Assisi è una luce improvvisa che si apre nel mio spirito ogni volta che le vado incontro.
Oggi ho aperto il mio pellegrinaggio in modo inconsueto e meraviglioso: solitamente mi precipito verso la tomba di Francesco perchè ho la necessità di essere lì; oggi, invece, in primis, ho visto un caro amico, un fratello, una persona con cui ho sicuramente condiviso molte vite in passato e in futuro. So che Francesco avrebbe apprezzato la mia entrata ad Assisi con l'abbraccio di un amico, come egli stesso probabilmente amava abbracciare il suo Leone, l'Alchimista, il fratello carissimo.
Ho sempre pensato che senza Francesco e senza Assisi, la Chiesa Cattolica in quanto potere religioso sarebbe finito nel precipizio molti secoli fa. Senza Francesco, il confermatore di Cristo, nulla sarebbe bastato per tenere in piedi quel baraccone privo di purezza e colmo di superbia che è la Chiesa. L'altro giorno, tentando goffamente di spiegare a mio figlio la differenza fra "religione" e "religioso", ho usato una frase di Lucrezio che tenevo appiccicata alla porta della mia cameretta ai tempi del liceo: "La vera religione ("religio", nella versione assolutamente lattanziana del termine, ovvero "ciò che unisce, ciò che tiene insieme" - e aggiungo io: l'umano e il divino) è poter comprendere tutto con mente tranquilla". Pacata cum mente omnia posse tueri. Questa frase è con me da 30 anni eppure ogni anno la comprendo meglio. Guardo gli affreschi di Giotto, l'avo della persona che amo, e non so definire il suo blu: penso al ceruleo, perchè non conosco i colori e solo un misto fra gli occhi e il mare può avvicinarsi a questa tinta intensa e magnifica che copre i cieli di San Francesco. Poi penso alla fluidità meravigliosa della sua geometria, che si tratti di edifici o dei sandali di un frate. Giotto e poi Giotto e poi Giotto. Solo Giotto può descrivere Francesco e condurti verso la basilica inferiore coi tempi giusti: la sua è una narrazione assolutamente perfetta.
Il sepolcro di Francesco, con dei meravigliosi sigilli a protezione, è nel mezzo di una roccia, come una spada mite. Ieri notte mi sono addormentata pensando questo: la guerra fuori è la proiezione selvaggia della guerra interiore irrisolta di ogni essere umano. Più combatto dentro di me, meno guerra c'è fuori di me - questa è la mia equazione. Ma meno mi affronto, meno mi conosco, meno mi purifico, più chaos genero fuori di me. Se moltiplichiamo questa equazione per milioni di esseri umani, forse riusciamo a comprendere meglio il mondo terribile in cui viviamo.
Oggi, davanti a Francesco, davanti a PACE scritto retoricamente (ah, la Chiesa Cattolica!) in ogni lingua, ho pensato: eppure le istruzioni sono narrate da Francesco in modo così limpido. E Giotto le ha fissate nel suo libro di pareti sacre per noi. Sono passati da qui terremoti, Papi, demoni e spergiuri, ma il suo esempio rimane assolutamente limpido sui muri della sua chiesa dai cieli cerulei. Ma chi di noi sa veramente accettare e comprendere un esempio privo di ambiguità? Francesco è lì, in ogni pietra di Assisi, vivo come nessuno ha ancora imparato ad essere dopo di lui, ma oggi, a pseudo-guardia della sua PACE, c'erano due spocchiosi e inutili militari. Bambocci di un potere che simula ancora l'associazione Chiesa-Stato per ridurre la libertà, per aumentare il chaos, per fomentare l'odio e la paura, per procurare più guerra. Allora, Francesco, come si fa? Due soldati armati di fucile e di superbia davanti al simulacro che la Chiesa ha costruito di te per non soccombere. Io ti guardo parlare con gli uccelli e so che quel sorriso ci illumina da lontano. Immagino il tuo volto guardare perplesso le scarpette di velluto bizantino del Papa morto. Ti immagino con un pezzo di pergamena sporco in mano, piangere quella morte. Forse sono io che ancora non vedo, perchè non mi riesce l'assoluta compassione. Devo imparare ancora molto ed è per questo che oggi sono venuta ad Assisi, a raccogliere l'affetto di un amico e ad invocare l'aiuto di un Maestro. Grazie per la piuma. Tornerò presto.